Il Contamination Lab insegna tante cose. Per chi è alle prime armi e ha solo 20 anni ci sono nuove parole, nuovi compiti. C’è ad esempio un business plan da preparare. Una strategia di marketing da mettere a punto. La previsione dei tempi di crescita del progetto. E poi l’analisi dei competitor, la concorrenza.

Durante quel percorso insomma chi lo frequenta impara a conoscere l’anatomia di una startup, che cos’è, come si costituisce, chi sono i competitor. Familiarizza poi con la parola, il discorso, l’estetica. Ogni startupper sa di dover parlare al pubblico in poco tempo, per conquistarlo, attirare su di sé le attenzioni e poi attrarre gli investitori.

Il CLab insegna che questo avviene quando parole e le immagini, quelle giuste naturalmente, in qualche modo riescono a toccare le corde emotive, con una storia tagliata su misura.

A caccia di carotenoidi

L’idea di business diventa un racconto, una storia che parte dalle piccole cose quotidiane e concrete. Zoé non a caso racconta le potenzialità della natura. Straordinarie e invisibili allo stesso tempo, inaspettate perché nessuno direbbe che un frutto arrivato a troppa maturazione e ormai inadatto alla vendita sia in realtà la materia da cui estrarre molecole importanti per la ricerca medica soprattutto.

Ecco il CLab sicuramente insegna a guardare oltre l’apparenza, con creatività, alla ricerca di un potenziale straordinario in quello che non è visibile. Nei peperoni ammaccati quelli che l’estetica non premierebbe mai, si nasconde la preziosità su cui Zoé pone l’accento.

Dalla frutta possono essere estratte molecole importanti per il mercato attuale. Sono i carotenoidi, preziosi per le applicazioni in settori particolari, quello medico soprattutto, con risvolti interessanti per la cura di malattie degenerative, la maculopatia è una di queste, oppure altri disturbi di salute come l’infertilità femminile.

Un valore aggiunto

L’estrazione dei carotenoidi avviene con una tecnologia specifica, frutto ancora una volta del lavoro e della ricerca condotta dall’Università di Cagliari che l’ha brevettata.
Quello che non si vede, almeno esteticamente, quindi è il valore potenziale di un prodotto ricco di molecole, utili alla ricerca medica, ma non solo, grazie al lavoro dell’Università da cui tutto parte e che in questo caso ha dato origine al progetto, ispirando l’intero team.

Quello che invece c’è e si nota è il valore aggiunto. Le parole e le immagini giuste incastonate in un progetto che mostra il perché e la direzione da percorrere all’interno di un racconto che parla di cose piccole come metafora di altre molto più grandi e ambiziose.