Quanti secondi occorrono per allacciarsi le scarpe? È un gesto così semplice. Si impara da bambini. Ma avete mai pensato quanto sia complicato per un malato di Parkinson?

Le mani smettono di rispondere ai comandi del cervello. Il corpo diventa una gabbia. I desideri e le necessità più intime non trovano riscontro nella realtà. La volontà rimane tale, non riesce a trasformarsi in azione. Ogni movimento del corpo è fatica. Gli automatismi di un tempo si trasformano in azioni calcolate, forzate e spesso irrealizzabili.

Il non detto, il non agito diventa frustrazione. Resta inespresso. Isola. Perché niente è semplice come prima. Manca l’immediatezza, quella del linguaggio, della comunicazione con gli altri. Manca il contatto con il mondo esterno. L’incongruenza fra il pensiero e l’azione modifica i rapporti, plasma una nuova realtà, veicola messaggi non voluti. Gli abbracci non dati, le carezze d’affetto non ricevute.

La beffa di un corpo che non risponde alle emozioni, non traduce i pensieri, non comunica, ma rende tangibile ogni sofferenza, il dolore intenso di ogni parte del corpo malato. Gli spasmi dei muscoli. Le ferite di un piatto frantumato in mille pezzi, sfuggito da mani traballanti, incerte. I disturbi del sonno.

Una legge del contrappasso ingiusta, non voluta che oltre al controllo del corpo ruba il sollievo del riposo, l’oblio di poche ore, la speranza che la vita vera non sia quella della veglia, l’illusione di un’esistenza alternativa di notte quando tutto tace.

Sara ha 32 anni. C’è qualcosa che stona con la sua giovane età. Non sta bene ma nessuno riesce a diagnosticare una malattia, a circoscrivere i confini di un disturbo che limita i suoi movimenti. Le cure mirano a bloccare i disturbi nel breve termine. Ma la sua vita cambia. Lei che abita al terzo piano di un vecchio palazzo in centro a Cagliari decide di non uscire più. Le scale sono un incubo. Smette di andare a lavoro. Prigioniera del suo corpo è ingabbiata fra le mura di una casa che è d’ostacolo anche alla sua vita. Cosa ci sia oltre, cosa sia il futuro Sara non lo sa più.

Nicoletta entra in scena per raccontare l’importanza di una diagnosi precoce. Il modo giusto per prevenire disturbi invalidanti, quelli motori in particolar modo, causati da una malattia neurodegenerativa come il morbo di Parkinson. Bio-NK è la startup di cui si fa portavoce durante il pitch. L’intuizione è stata coltivata in team. Elias e Francesca sono i coattori di un percorso intenso affrontato insieme.

La startup propone un semplice prelievo del sangue, per individuare i biomarcatori responsabili della malattia in sole 48 ore. A differenza dei tempi previsti dalle indagini diagnostiche attuali che richiedono invece 2 anni.

Bio-NK propone di accorciare i tempi, integrando le tradizionali metodologie di indagine diagnostica. Perché un intervento tempestivo può fare la differenza. Il decorso può essere rallentato. La qualità della vita di una persona malata può migliorare significativamente nonostante la patologia.

Nicoletta spiega alla sala gremita del Teatro Massimo che le scoperte scientifiche possono cambiare in meglio la vita di una persona e al contempo il grado di benessere di un’intera società.
La diagnosi se precoce dà la possibilità di intervenire nell’immediato con terapie mediche adeguate, in grado di garantire le piccole azioni della quotidianità. Bere un bicchier d’acqua. Impugnare una forchetta. Lavarsi il viso. Stringere la persona che amiamo.

Nicoletta racconta la storia di Sara al Teatro Massimo di Cagliari una sera di metà maggio. Il giorno della finale. Chiamare le cose con il proprio nome. Definirle. Solo quando lo facciamo quelle realtà iniziano ad esistere, per la prima volta e per tutti. Sara è affetta dal morbo di Parkinson. Tutto si spiega da quel momento in poi.