Ci coglie un fremito d’ira, un moto di sdegno, un’energia mai provata prima, quando vogliamo arrivare al traguardo. La meta tanto agognata diventa un obiettivo, si trasforma nella forza di un imperativo. La smania di chi vorrebbe cambiare il mondo e renderlo migliore.

Il momento in cui accade non è individuabile. La forza che muove all’azione non è quantificabile. Perché il sentimento che ci anima è profondo, viscerale. È un’emozione. Ha a che fare con i desideri, le speranze, una visione del futuro che vorremmo modificasse la realtà.

Il potenziale è esplosivo. E chi lo prova ne manifesta ogni segno fisico. Aumentano le palpitazioni. Il viso è paonazzo. La sudorazione imperla la fronte. I muscoli sono pronti allo scatto, alla corsa. Il corpo reagisce al sentimento che ci avvolge in quel momento. Non una semplice risposta fisica. A muovere quel fascio di muscoli, ad innescare quello scatto del corpo è l’ira, la rabbia. Un’energia forte, pervasiva. Il sentimento che nasce da una presa di posizione netta. L’espressione tangibile della nostra volontà, quando indica al corpo le azioni da compiere.

Corpo e volontà all’unisono guidano una corsa inarrestabile. Quella verso la meta, verso il cambiamento. Quando vorremmo ridefinire una realtà che non ci appartiene più. Per questo ci arrabbiamo.

Ci appassioniamo a una causa. Investiamo tempo ed energie. Proviamo collera. A quel traguardo dobbiamo arrivarci a tutti i costi. Anche se ancora non c’è, anche se è la sola immaginazione a vederlo. Eppure il corpo deve iniziare a prepararsi.

Ci vuole coraggio. Sono richieste scelte rivoluzionarie, di rottura. Siamo intransigenti quando pretendiamo un cambiamento. Non c’è spazio per i compromessi, le mediazioni. Prendono piede le emozioni più contrastanti quando il mondo non rispecchia le nostre aspettative.

D’altronde rischiare significa questo: conoscere i rischi, il calcolo delle possibilità insito nell’evenienza del fallimento, eppure scegliere di provarci. Il conto delle probabilità non ha rilevanza infatti. La possibilità che quell’evento fallisca non è preso in considerazione da parte di chi crede che il cambiamento sia già reale, e non solo auspicabile.

È il coraggio di vedere quello che ancora non esiste. La corsa inarrestabile verso qualcosa di desiderabile. È un fremito d’ira, la rivoluzione dei sentimenti più profondi. Una carica esplosiva che guarda al futuro, al cambiamento, al miglioramento.

C’è una rabbia positiva. Il fremito di chi rivendica il meglio e chiede con forza un’adesione, un coinvolgimento collettivo. A parlare sono desideri profondi. Quelli che ci scuotono anche durante il sonno, quando urliamo e ci dimeniamo perché vorremmo interrompere un incubo e ritornare alla realtà.

Così nella vita, quando qualcosa che non approviamo ci trova in disaccordo e siamo portati ad agire, a protenderci in avanti con tutto il nostro corpo.

Raggiungere il traguardo. Dispiegare ogni forza. Arrivare dove nessuno è mai approdato. Sognare il migliore dei mondi possibili e infine costruirlo.

È un fremito d’ira, un imperativo categorico quell’energia che credevamo di non possedere e che invece è parte di noi, di ogni nostra azione.